Disturbo depressivo indotto da sostanze/farmaci

llUn disturbo depressivo può insorgere anche in una persona che non ha mai sofferto di disturbi dell’umore o di altre patologie psichiatriche in seguito all’assunzione o all’interruzione dell’assunzione/astinenza di alcuni farmaci o sostanze psicoattive oppure in concomitanza con specifiche condizioni cliniche, perlopiù di natura neurologica (demenze, malattia di Parkinson ecc.), autoimmunitaria (sclerosi multipla, psoriasi, lupus eritematoso sistemico ecc.), metabolica (diabete ecc.), endocrinologica (alterazioni tiroidee, disturbi dell’ovulazione ecc.) e oncologica, oppure associate a dolore, disabilità fisica e complessiva riduzione della qualità della vita.


Disturbo depressivo indotto da farmaci/sostanze
Tra i farmaci e le sostanze che possono indurre quadri depressivi più o meno importanti vanno ricordati: gli oppioidi, utilizzati sia a scopo antalgico sia nel contesto di comportamenti d’abuso; i sedativi, gli ipnotici e gli ansiolitici; i cortisonici e i farmaci attivi sul sistema immunitario (immunomodulanti e immunosoppressori); gli steroidi e altre terapie ormonali (compressi gli anticoncezionali ormonali); gli antibiotici e gli antivirali sistemici; la cocaina, le anfetamine e altri stimolati del sistema nervoso centrale (in questo caso, la depressioni compare essenzialmente dopo interruzione dell’assunzione); la levodopa, utilizzata nel trattamento della malattia di Parkinson; la fenciclidina e altri allucinogeni; l’alcol. È, inoltre, possibile che sostanze innocue dal punto di vista psichiatrico per la maggior parte delle persone possano indurre un disturbo depressivo più o meno importante in soggetti particolarmente sensibili o predisposti.

Per stabilire che il disturbo depressivo riscontrato è correlato all’uso di farmaci o sostanze è necessario evidenziare una chiara relazione tra assunzione/interruzione del farmaco/sostanza e una riduzione del tono dell’umore e dell’interesse clinicamente rilevante, accompagnata dagli altri sintomi caratteristici dell’episodio depressivo.

Nelle persone in terapia farmacologica per la cura di una malattia specifica va differenziato se a scatenare il disturbo depressivo sia stata la terapia assunta o la condizione clinica di base che ne ha motivato la prescrizione (fattori organici o ripercussioni sulla funzionalità e la qualità di vita). Nelle persone che assumono sostanze in un contesto d’abuso, va valutata con particolare attenzione la tempistica dell’insorgenza dei sintomi, ricordando che spesso è proprio la presenza di un disturbo depressivo, anche subclinico, a indurre la persona interessata ad assumere alcol o altre sostanze psicoattive come tentativo di “auto-terapia” (evidentemente, inefficace e dannosa).

Riconoscere un farmaco/sostanza o una condizione clinica specifica all’origine del disturbo depressivo è fondamentale per impostare un trattamento adeguato. In tutti casi i cui sia possibile, l’esposizione alla sostanza scatenante dovrà essere sospesa e il farmaco sostituito con alternative meglio tollerate oppure se ne dovrà ottimizzare il dosaggio in modo da bilanciare obiettivi clinici ed effetti collaterali. Qualora non vi siano rimedi alternativi efficaci per il controllo della patologia di base e più innocui sul piano psichiatrico, sarà necessario individuare trattamenti farmacologici mirati, in grado di attenuare i sintomi depressivi senza interferire eccessivamente con il quadro clinico generale e con il controllo della patologia specifica. In genere, una terapia basata su farmaci antidepressivi efficaci e ben tollerati, come gli inibitori del sistema di recupero della serotonina (SSRI), permette di migliorare significativamente il tono dell’umore e, conseguentemente, la qualità di vita globale.

DISTURBO DEPRESSIVO CORRELATO AD ALTRE CONDIZIONI MEDICHE
Il rischio che una condizione medica organica acuta o cronica determini secondariamente un disturbo depressivo è presente a ogni età, ma andrebbe tenuto nella massima considerazione in caso di persone anziane, particolarmente fragili dal punto di vista fisico, emotivo, cognitivo e psicosociale.Soprattutto nelle persone anziane, tipici SINTOMI DELLA DEPRESSIONE come il calo del tono dell’umore e delle prestazioni cognitive, il rallentamento dei riflessi, la riduzione delle capacità di concentrazione, l’insonnia e il minor interesse nelle attività che di norma procuravano piacere, sono spesso sottovalutati sia dai medici sia dai pazienti e dai familiari, che li ritengono un semplice effetto dell’età che avanza.
È un grosso errore perché, oltre a segnalare la possibile presenza di un DISTURBO DELL’UMORE che può e deve essere contrastato per assicurare al paziente una migliore qualità di vita, questi sintomi possono rappresentare le manifestazioni iniziali di altre PATOLOGIE NEUROLOGICHE da trattare in modo specifico.

Le patologie neurologiche più diffuse che frequentemente esordiscono o si associano secondariamente a sintomi depressivi sono:
  • la malattia di Parkinson;
  • il declino cognitivo lieve;
  • la malattia di Alzheimer;
  • le demenze senili in genere.

Alla base del legame tra patologia neurologica e disturbo dell’umore c’è la parziale sovrapposizione dei circuiti cerebrali che controllano l’affettività, la memoria, le prestazioni cognitive, le reazioni comportamentali, il sonno, l’appetito e i movimenti muscolari, e il coinvolgimento di alcuni neurotrasmettitori comuni, in particolare serotonina, noradrenalina e dopamina.

Questa stretta interdipendenza, che generalmente complica la diagnosi iniziale, si rivela in alcuni casi positiva all’atto del trattamento. Nel caso della malattia di Parkinson, per esempio, è stato osservato che, somministrando un farmaco antidepressivo in aggiunta alla terapia antiparkinson specifica, nei pazienti che presentano un calo del tono dell’umore si ottiene, non soltanto un maggior benessere psicoemotivo, ma anche un miglioramento della funzionalità fisica generale.

In altri casi, la depressione può comparire come effetto dello stress e della riduzione della qualità di vita determinata dalla presenza di una patologia cronica invalidante o che in qualche misura limita il paziente nelle proprie attività quotidiane (come la sclerosi multipla, lo scompenso cardiaco, l’angina, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, l’asma severa ecc.) oppure caratterizzata da una prognosi incerta o sfavorevole (per esempio, una neoplasia). Anche in questi casi, riconoscere i sintomi depressivi e trattarli fin dall’esordio è importante non soltanto per migliorare il tono dell’umore del paziente, ma anche per sostenerne la motivazione e l’aderenza alle terapie necessarie per controllare la malattia organica di base, ottimizzandone l’efficacia.

Dovendo essere somministrata a soggetti complessivamente fragili e che già assumono diversi altri farmaci, la terapia antidepressiva dovrà essere definita con particolare attenzione e cautela, partendo con i minimi dosaggi efficaci e optando per i composti antidepressivi meglio tollerati, caratterizzati da minori interazioni ed effetti collaterali.