Depressione unipolare o Disturbo depressivo maggiore

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Il disturbo depressivo maggiore (classificato in precedenza come depressione unipolare o depressione maggiore) è il disturbo dell’umore più diffuso nella popolazione adulta. A soffrirne sono soprattutto le donne, probabilmente a causa di una predisposizione di tipo ormonale. Il disturbo può insorgere a qualunque età, ma in genere esordisce con maggior frequenza tra i 25 e i 45 anni.

Il disturbo depressivo maggiore è una patologia cronica che tende a persistere per tutta la vita, ma caratterizzata dall’alternanza di periodi di benessere e fasi di riacutizzazione dei sintomi depressivi, che tendono ad attenuarsi spontaneamente per poi ricomparire a distanza di tempo.
Il numero e la durata degli episodi depressivi sono estremamente variabili e imprevedibili. Alcune persone sperimentano soltanto uno o pochi episodi depressivi nell’arco della vita. Altre possono sperimentarne molti a breve distanza di tempo l’uno dall’altro. Se non adeguatamente trattata, ogni riacutizzazione può durare da poche settimane a diversi mesi o, addirittura, anni. La terapia è sempre necessaria e assicura un buon controllo dei sintomi depressivi nella stragrande maggioranza dei casi. I pazienti con forme gravi o con episodi molto frequenti devono essere gestiti con estrema cautela per l’elevato rischio di suicidio cui sono esposti.

All’origine del disturbo depressivo maggiore si riconoscono fattori genetici predisponenti e specifiche alterazioni nei circuiti cerebrali che controllano il tono dell’umore, l’affettività e alcune funzioni biologiche fondamentali (appetito, sonno, sessualità ecc.). Queste alterazioni sono legate principalmente a modificazioni dei livelli di alcuni neurotrasmettitori della classe delle “amine biogene”: in particolare, serotonina, noradrenalina e dopamina. Altri meccanismi difettosi nei pazienti con disturbo depressivo maggiore sono stati osservati a carico della via che controlla la risposta allo stress (il cosiddetto “asse ipotalamo-ipofisi-surrene”). Nella donna, modificazioni significative dei livelli ormonali, in particolare degli estrogeni, possono favorire l’insorgenza di depressione.

L’episodio depressivo maggiore tende a insorgere più facilmente o a peggiorare in particolari periodi dell’anno. Due momenti critici sono, per esempio, l’autunno (probabilmente, a causa della diminuzione della quantità di luce ambientale) e il Natale.

Sintomi e diagnosi del disturbo depressivo maggiore

Soffrire di disturbo depressivo maggiore non significa semplicemente “essere tristi” o “giù di corda” ogni tanto, ma trovarsi in una condizione di persistente e severo abbattimento, al quale si è incapaci di reagire, indipendentemente dalla propria volontà e dalla presenza di persone che cercano di essere vicine e di trasmettere positività.

Tra i principali sintomi che caratterizzano l’EPISODIO DEPRESSIVO MAGGIORE vanno ricordati:
– Umore depresso per gran parte della giornata, non motivato da ragioni specifiche gravi.
– Significativo calo di interesse nelle attività abituali e incapacità di trarre piacere da circostanze o situazioni di norma stimolanti e gradevoli.
– Diminuzione o aumento significativi dell’appetito, spesso associati a notevole perdita o aumento di peso (oltre 5 kg), non giustificati da diete o patologie specifiche.
– Difficoltà ad addormentarsi o a dormire un numero sufficiente di ore (risvegli ripetuti durante la notte o all’alba) o, al contrario, aumento del bisogno di dormire, anche durante il giorno.
– Sensazione di agitazione e ansia o, al contrario, rallentamento dei movimenti e dei riflessi.
– Facile affaticabilità e/o mancanza di energia non giustificata.
– Calo dell’autostima e della fiducia nelle proprie capacità; senso di colpa persistente e immotivato.
– Diminuzione delle capacità di concentrazione e dell’efficienza intellettiva (nello studio, sul lavoro ecc.); difficoltà a prendere decisioni che di norma non comportano problemi.
– Calo del desiderio sessuale.
– Irritabilità o frustrazione.
– Pensieri di morte ricorrenti, ideazione suicidaria o tentativi di suicidio.
– Pianto immotivato, una o più volte al giorno.
– Problemi fisici privi di cause riconoscibili e che, spesso, non rispondono alle terapie di norma utilizzate per contrastarli (dolore articolare, mal di testa, crampi addominali, disturbi digestivi, vertigini ecc.).
In base ai criteri ufficiali, per poter emettere una diagnosi di disturbo depressivo maggiore questi sintomi, variabilmente combinati tra loro, devono essere presenti da oltre due settimane, con un’intensità tale da creare alla persona che li presenta un serio disagio psicologico e sociale e da impedire di mantenere i ritmi di vita abituali.

Specificatore per gli “episodi misti” e specificatore per l’ansia
Per favorire un inquadramento più accurato del disturbo depressivo maggiore e, in particolare, per differenziarlo dal disturbo bipolare e dai disturbi correlati, nella nuova versione del Manuale diagnostico statistico delle malattie psichiatriche – DSM V è stato introdotto lo “specificatore per gli episodi misti”. Questo strumento diagnostico comprende una serie di criteri che aiutano ad analizzare eventuali sintomi maniacali/ipomaniacali nel contesto di un episodio depressivo, sia in pazienti con disturbo bipolare sia in pazienti con una diagnosi primaria di disturbo depressivo.

Allo stesso scopo, il DSM V prevede la possibilità di impiegare uno “specificatore per l’ansia”, per meglio chiarire significato e rilevanza di eventuali sintomi ansiosi nel contesto di un episodio depressivo maggiore oppure di un episodio depressivo riferibile al disturbo bipolare. Il riscontro, attraverso questi strumenti, di stati misti o di episodi depressivi con componenti ansiose in pazienti con diagnosi primaria di disturbo depressivo maggiore deve allertare sia rispetto al possibile riorientamento della diagnosi (verso un disturbo bipolare) sia rispetto all’opportunità di ricalibrare la terapia antidepressiva.

La depressione nell’infanzia/adolescenza e negli anziani
Le esatte modalità di presentazione del disturbo depressivo maggiore sono sempre estremamente soggettive: anche a parità di gravità, quindi, il disturbo può assumere caratteristiche molto diverse da paziente a paziente. Questo è vero soprattutto nel caso dei bambini/adolescenti e degli anziani.
Nei bambini più piccoli, la depressione compare spesso in associazione ad altre patologie neurologiche o psichiatriche come, per esempio, l’ansia da separazione, la fobia sociale o il disturbo da iperattività e disattenzione (ADHD) e si manifesta principalmente con sintomi quali tristezza, irritabilità, disperazione, dispiacere, cambiamenti comportamentali.
Negli adolescenti il disturbo depressivo maggiore la depressione unipolare può essere particolarmente difficile da riconoscere sia perché le oscillazioni dell’umore, la ridotta autostima e le difficoltà relazionali/comportamentali sono considerate una normale componente del processo di crescita sia perché spesso il disturbo si manifesta principalmente con sintomi “atipici” quali ansia, rabbia e isolamento sociale.

Per evitare di assegnare erroneamente a sintomi di questo tipo una diagnosi di disturbo bipolare, per bambini e adolescenti è stato individuato un disturbo depressivo specifico, chiamato “disturbo dell’umore dirompente”.

Negli anziani l’insorgenza di un disturbo depressivo della depressione può essere particolarmente subdolo sia perché tende a determinare sintomi lievi e poco definiti, facilmente interpretabili come un semplice riflesso dell’età che avanza (lentezza dei movimenti, declino cognitivo, perdita di interesse, riduzione del desiderio ecc.) o come disturbi organici associati a malattie diverse (difficoltà digestive, insonnia, riduzione della forza muscolare, dolori in diverse parti del corpo ecc.). Sul fronte dell’umore, gli anziani depressi si presentano particolarmente annoiati, pessimisti, insoddisfatti, tendono a fare le stesse cose ogni giorno ed evitano l’interazione sociale.

Trattamento del disturbo depressivo maggiore
Il disturbo depressivo maggiore non va sottovalutato perché difficilmente la situazione migliora senza l’aiuto del medico e senza il ricorso a trattamenti specifici. Il trattamento, in genere, prevede interventi farmacologici e psicoterapici, spesso associati tra loro, ed eventualmente affiancati da altre strategie di supporto. Nei casi più gravi può essere necessario il ricovero temporaneo.